Wedding

La fotografia ignorante

Ogni settimana, per più volte alla settimana, per molte settimane all’anno, da tanti anni, condivido un po’ del mio lavoro con altri professionisti..

Quando va in scena quello che per mesi ho progettato con gli sposi ci sono tante persone al lavoro… Non voglio perdermi nel chi ha la responsabilità maggiore, ognuno ne ha, ma è indubbio che i nostri ricordi col tempo verranno falsati e plasmati anche dalle immagini che conserveremo di quei momenti. Allora, quanto vale avere al proprio fianco un fotografo che faccia la differenza? Ecco… non solo un buon professionista, cominciamo a dare un peso alle parole che utilizziamo. In Italia ci sono migliaia, decine di migliaia di fotografi regolarmente attivi, con partita iva e studi più o meno accoglienti. Quindi non è più una questione di abusivismo, di fotografia della domenica…il problema è più profondo, come una ferita verticale che difficilmente si curerà se tutti pensano solo alla sua estensione orizzontale. L’ignoranza, il non capire o valutare quella ferita per come realmente è, sta portando ad una infezione dei tessuti limitrofi sani.

Cos’è la fotografia sociale? A cosa serve? Cosa rende un’ immagine unica e cosa, invece, una riproduzione sterile e appiattente della realtà? Ecco…il punto è… la realtà. La realtà non esiste: esiste la nostra personalissima visione e percezione di ciò che accade intorno a noi per cui lo stesso attimo vissuto da me non sarà mai lo stesso vissuto da te e soprattutto cambierà con il passare del tempo, perché quella macchina perfetta del nostro cervello recupera i ricordi e le esperienze e le falsa, le riassembla di volta in volta e tutto cambia… ogni volta che ricordiamo un attimo aggiungiamo o togliamo un dettaglio fino a perdere il primo e poi il secondo e così via, ecco che la realtà non esiste. Perché credete che l’uomo scriva e fotografi e riprenda e dipinga? Perché siamo ossessionati all’idea di questa nostra natura mutevole.

Chi di voi si è perso a questo punto del discorso non ha motivo di leggere oltre. E non si offenda, per favore.

Mi siedo un attimo a terra, sul prato. Davanti a me una collina…colorata, la luce che filtra fra i rami dei tigli, un bambino che senza scarpe sente il solletico sotto ai piedi, la sposa sorride. Quante spose si sono girate camminando su quel prato, quante hanno riso, quante hanno abbracciato, hanno sentito tutte le emozioni in una sola… in un pomeriggio d’estate…

Cambiano mille variabili, dal carattere delle persone, gli abiti, i fiori, i colori, ma quello che fa la differenza sono lo sguardo, la sensibilità e le competenze di chi tiene in mano quella macchina fotografica che con un click può rendere la realtà bidimensionale oppure multidimensionale ed…emozionante.

Ma gli sposi non lo sanno. Lo sanno solo quei professionisti, pochi.

Si chiama ignoranza, non lo sanno. Come quella ferita, un buon medico lo sa cosa fare e sa che cosa sta succedendo, il paziente no o non proprio. Un buon medico o il medico giusto? Perché c’è differenza…

Nella fotografia è lo stesso, con l’aggravante che essendo in apparenza alla portata di tutti non esiste quasi più il confine tra l’artista, il professionista competente, il fotografo professionale, l’amatore, il cliente. Troppo spesso, troppe persone si sentono nella posizione di scattare, commentare e leggere le immagini con estrema superficialità ed ignoranza. Il punto è semplicemente che la fotografia sociale non è per tutti. Non lo è.

Hanno voluto farcelo credere le multinazionali e i media, ma la verità è che non è per tutti e bisogna farsene una ragione.

Ho scritto questo articolo per gli sposi che confusi da informazioni imprecise o fumo di ottimi venditori e fotografi incapaci, sempre più spesso si trovano a rivivere le loro emozioni in quella realtà appiattita senza neppure saperlo, anzi spesso pensando di avere in mano un ottimo prodotto. Ho scritto questo articolo per quei pochi professionisti appassionati, sensibili e veri che si trovano soffocati da queste letture superficiali, da questo approccio sbagliato e ignorante alla fotografia.

Ho scritto questo articolo perché chi scatta emozioni non abbia paura di definirsi un artista e chi schiaccia le stesse emozioni non abbia vergogna a definirsi commerciante.

Nel mezzo poi ci sono tanti fotografi che svolgono con responsabilità ed eleganza il loro lavoro, loro sanno di non essere semplici foto-commercianti, ma sanno anche di non avere quel dono, quell’arte cui tendono, ma che non gli appartiene. Anche per questi professionisti ho scritto: se loro cominciassero a raccontarsi per quello che sono e non per ciò che vorrebbero essere, forse cominceremmo a fare ordine.

Se ci fosse più umiltà e chiarezza l’aria tornerebbe respirabile e le emozioni più reali.

Avrei potuto scegliere tra decine di belle fotografie, avrei potuto linkare un virtuosismo di riflessi, volumi che si intrecciano fino a confondersi o un’ immgine di pura luce, invece ho scelto un attimo, anzi l’Attimo. Questa è una foto che resterà nella storia di una famiglia, come un momento prezioso, fatto di sguardi, emozioni, sorrisi, rimpianti…fiato.

Se i ricordi sono destinati a sgretolarsi e a ricomporsi come la tela di Penelope, che almeno il disegno su cui tesserli sia…


         

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